Il Portus Julius fu voluto da Augusto e soprattutto dal genero Agrippa nel 36 a.C. per preparare lo scontro contro Sesto Pompeo, trasformando l’accesso al Lago Lucrino e creando un collegamento con il lago d’Averno.
La funzione militare fu breve, visto lo spostamento della flotta a Miseno già dal 30 a.C. e forse anche per ridare spazio a quel grande business che già si era sviluppato sullo stesso Lucrino, ossia l’allevamento delle ostriche, legato alla figura di Sergio Orata e seguita da molti senatori.
Secondo i vari racconti di diversi autori antichi, la lingua di terra che separava il mare dal lago Lucrino, su cui correva anche la mitica via Herculanea, aveva subito interventi di consolidamento già al tempio di Giulio Cesare, proprio per preservare durante le mareggiate i preziosi allevamenti.
L’intervento di Agrippa fu notevole, andando a tagliare la naturale lingua sabbiosa che divideva l’acqua salmastra del lago dal mare. Strabone specifica che il Golfo d’Averno era profondo e di facile accesso, con le dimensioni e le caratteristiche di un porto, ma non venne usato a tale scopo perché l’antistante lago Lucrino era poco profondo e molto esteso. Plinio attribuisce invece a Claudio l’edificazione dei moli per la separazione del lago Lucrino dal mare.
Secondo gli studiosi poco di quanto si conserva in acqua può essere ricondotto all’impianto portuale di Agrippa, ritenendo che i lavori di quest’ultimo siano stati un espediente temporaneo, ottenuto in tempi molto rapidi e a bassi costi. Forse ad Agrippa fu sufficiente rinforzare il terrapieno esterno e mettere in comunicazione i due bacini lacustri con il mare per lo sfruttamento di un’area comunque già di per sé idonea sia come cantiere navale, data la presenza di estese aree boschive lungo le sponde dell’Averno, sia come palestra di allenamento per i nuovi 20.000 schiavi improvvisatisi marinai.
Ma se non per scopi militari, presto collocati altrove, il destino portuale dell’area era segnato: una sequenza ininterrotta di horrea, ossia di magazzini, collegava Puteoli al Portus Julius, pronti ad accogliere il grano egiziano ed altre mercanzie destinate soprattutto al mercato di Roma. Uno scalo di transito dunque, importante per la logistica tramite stoccaggio e redistribuzione, tipica dei porti legati all’annona, ossia del servizio di rifornimento di grano per Roma.
La storia degli studi
L’area iniziò ad avere una sua definizione grazie le foto aeree dalla Seconda Guerra Mondiale in poi, ma per le prime ricerche sistematiche in acqua si dovettero aspettare gli anni 1988-90, con le indagini presso i resti del Lido Augusto. Fu individuata una corte quadrangolare porticata databile al I sec. d.C., ritenuta parte di un più grande horreum costruito a ridosso di una domus, di qualche decennio precedente, inglobata nelle trasformazioni legate all’intervento di Agrippa, che comportò l’inserimento di strutture commerciali nei pressi di strutture per lo più residenziali.
Gli interventi degli anni ’90 si sono concentrati anche su una lunga struttura ritenuta originariamente un lungo molo tra due darsene, in realtà forse un lungo portico con annessi vani coperti. Verso l’interno, la sponda del lago apparve regolarizzata da un banchinamento artificiale con resti di anche un tracciato stradale diretto verso la ripa puteolana.
Gli ultimi studi (Gianfrotta) si sono concentrati nell’analisi dei singoli magazzini e della forma degli ambienti, posti anche su più piani, oltre che dei materiali rinvenuti, come botti in legno o depositi di bianchetto, forse per conservare alcuni particolari cereali. Un ultimissimo rinvenimento, come una piccola macina, dimostra l’esistenzam, in stretta correlazione ai magazzini, di impianti artigianali, frantoi e forni, per una trasformazione e fruizione diretta e locale dei materiali depositati.
In questo contesto fu istituito il primo percorso attivo nell’area, in coincidenza di uno dei punti con maggiore profondità, pari a circa quattro metri e prossimo alla battigia abbandonata del Lido Augusto: qui è visibile un complesso di età repubblicana con ben 6 pavimenti in cementizio, ossia in piccoli frammenti di coccio frammentati e cementati fra loro, tra le quali furono inserite piccole tessere di mosaico a formare fioro stilizzati o griglie di rombi. Fanno parte probabilmente di una residenza a cui si accostarono in seguito una serie di magazzini, di cui ben si riconoscono i cortili colonnati.
Il nuovo itinerario: “Il Percorso delle Colonne”
Parte invece dal canale d’ingresso all’antico lago Lucrino, costruito da Agrippa, il nuovo percorso che andrà ad aprire al pubblico mercoledì 30 giugno. Appena scesi in acqua sarà possibile scorgere le possenti sponde di questo lungo canale da cui avevano accesso le navi per acque più tranquille.
Le sue sponde dovevano essere piene di attività, come dimostrano i primi resti ben riconoscibili, ossia due portali che danno accesso ad una grande vasca retrostante. I gargami (questo il nome tecnico degli stipiti in pietra) sono ancora attraversati da profonde scanalature su cui scorreva la grata metallica forata, facente passare l’acqua ma non altro. L’ipotesi sul complesso sono svariate, da rivendita diretta di pesce a impianto per la salagione dello stesso (viste le vaschette presenti alle spalle, forse per l’eviscerazione) ma si è ipotizzato anche una connessione con una più semplice fullonica connessa con il noto purpurrissimum puteolano, ossia la tintura per pregiati abiti.
Da qui inizia una selva di murature tra cui è facile perdersi. La motivazione è semplice: ciò che oggi si può osservare è il frutto della sovrapposizione di più edifici. Si è costruito nei secoli, tra il I sec. a.C. e il V d.C., ossia almeno 400 anni, modificando completamente funzione e orientamenti, ma sovrapponendosi ai resti precedenti. Oltre a nuove necessità, è probabile che ciò sia accaduto, come visto a Baia, per il bradisismo, attivo allora come oggi: l’abbassamento della superficie asciutta deve aver costretto ad alzare il livello dei pavimenti, per non permettere l’accesso dell’acqua, in particolare in questi tratti racchiusi allora tra mare e lago.
Tra questi resti spiccano subito alla vista una sequenza di grandi colonne crollate, in marmi colorati, facenti probabilmente parte della decorazione dell’ultimo edificio qui costruito: un grande vano semicircolare affacciato verso il canale, di cui non conosciamo la funzione ma di cui riconosciamo l’imponenza, che poteva essere ammirata dalle navi che entravano dal canale.
Poco oltre, ma ad maggior profondità, un piccolo vano absidato, caratterizzato dalla presenza di un basamento circolare al centro dello spazio semicircolare sembra restituirci un piccolo spazio di culto, su cui serve ulteriormente indagare. Da qui si percorre quello che era un lungo e stretto corridoio, che si conclude con uno stretto angolo a ridosso di una grande abside, costruita con imponenti blocchi, addossato alla quale riconosciamo ancora un pavimento a mosaico, caratterizzato da tessere bianche con una fascia nera lungo il margine.
Poco oltre, il panorama cambia completamente: sabbia bianca cristallina dimostra l’assenza di strutture, se non una lunga e stretta vasca. Interpretiamo questi resti come un antico giardino con al centro un euripo, ossia una vasca per decorare questo amplissimo spazio. Al suo termine, una sorpresa che dimostra le sovrapposizioni di cui parlavamo: incontriamo i resti di dodici colonne in laterizio struccato, ancora nella posizione originale ma tagliate verso l’alto, per fare spazio al nuovo giardino.
Subito dopo il panorama ricambia nuovamente, con imponenti strutture: tra queste, un mosaico a tessere nere con lastre di marmo inserite, attorno a una vaschetta quadrangolare, anch’essa rivestita di marmo. Siamo di nuovo in ambienti lussuosi, al lato opposto del grande giardino. Lunghi corridoi con piccole fontane semicircolari ci descrivono la ricchezza di questi spazi, su cui poi è stata sovrapposto un altro grande edificio: una basilica? civile o cristiana? la forma rettangolare con ampia abside sul fondo ben si adatta ad entrambe le soluzioni, e i sui resti come le grandi colonne in cipollino ci dicono solo che il livello decorativo era elevato.
Qui finisce il tour, dopo oltre 200 metri di pinneggiate, ma certo non sono finite le indagini ancora da compiere, per meglio cercare di definire questi resti sommersi dal mare e per indagare le strutture che proseguono oltre…
L’attività messa in atto dal Pafleg intende continuare il percorso di ricerca avviato già dallo scorso anno su tutta questa importantissima area, ossia la zona B del Parco sommerso di Baia. Oltre alla più nota e frequentata zona A, ossia il quartiere di ricche residenze attorno a Punta dell’Epitaffio, la continuità dei resti sommersi dal bradisismo prosegue ininterrotta verso il porto di Pozzuoli, con questo grande nucleo appena riaperto presso il canale d’ingresso del Portus Julius. Per conoscere sempre più, ma anche per mostrare sempre di più, a tutti i fruitori, dai subacquei agli snorkelisti, ma anche alle imbarcazioni con il fondo trasparente o alle canoe. Più conoscenza e fruizione corrisponde anche a più tutela e protezione, oltre che a maggior consapevolezza verso questo contesto unico nel suo genere.